VERTENZA BLOCCO PEREQUAZIONE 1998-2000
Informiamo e pubblichiamo la sentenza di Cassazione n. 22185 del 3.8. 2021 che è favorevole ai Soci ricorrenti di questa Associazione nella vertenza di cui a margine.
Dopo oltre 10 anni e dopo le sentenze sfavorevoli dei diversi gradi di giudizio, finalmente, la Cassazione ha condannato la Banca “cassando” la sentenza sfavorevole della Corte di Appello del 11.2.2015.
Va dato merito alla tenacia e professionalità dell’Avv. Michele Iacoviello che ci ha assisitito sin dall’inizio del ricorso, nella consapevolezza della validità dell’istanza.
Cassazione civile sez. lav. – 03/08/2021 n. 22185
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20404-2015 proposto da:
A.F.A., + ALTRI OMESSI, tutti domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato MICHELE IACOVIELLO;
– ricorrenti –
contro
UNICREDIT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO
25-B, presso lo studio degli ROBERTO PESSI, e FRANCESCO GIAMMARIA, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7961/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/02/2015 R.G.N.; 3006/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/03/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
BUFFA;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MUCCI ROBERTO, visto il D.L. n. 137 del 2020, art. 23,
comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza dell’11.2.15, la corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza 28.10.11 del tribunale della
stessa sede, che aveva rigettato la domanda di vari pensionati ricorrenti volta alla rivalutazione delle loro
pensioni complementari, ritenendo applicabile la L. n. 449 del 1997, art. 59 comma 13 in modo unitario per tutti
i trattamenti previdenziali, siano essi corrisposti dall’AGO o da fondi alternativi e complementari. Avverso tale
sentenza ricorrono i pensionati per un motivo, cui resiste Unicredit con controricorso, illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo si deduce violazione dell’art. 59 comma 13 predetto, per avere la sentenza impugnata
trascurato che la previdenza privata è estranea alle esigenze limitative della perequazione. Si chiede quindi nel
merito condanna al pagamento di somme quantificate sulla base di conteggi.
Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’autosufficienza per non essere
riportata la domanda in primo grado e in appello. L’eccezione è infondata in quanto il ricorso contiene gli
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elementi essenziali e dal tenore dello stesso è comunque ben evincibile l’oggetto del contendere, limitato
peraltro ai soli profili di diritto evidenziati nella sentenza impugnata.
Nel merito, il ricorso è fondato.
Questa Corte ha già precisato (Cass. Sez. L-, Ordinanza n. 25685 del 11/10/2019, Rv. 655482 01; Cass. 5 novembre
2020 n. 24777; Cass. 9 novembre 2020 n. 25052) che la norma della L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 13, che
prevede la sospensione della perequazione automatica al costo della vita, concerne solo i trattamenti
previdenziali obbligatori e quelli specificamente contemplati da tale disposizione, e non si applica alla pensione
integrativa a carico del fondo aziendale, che ha natura retributiva (e non previdenziale); ne consegue, con
riferimento ai titolari di pensione costituita dal trattamento previdenziale obbligatorio e da pensione integrativa
a carico di apposito Fondo aziendale, che l’adeguamento della pensione spettante non si applica sull’intero
importo ma solo sulla quota parte relativa al trattamento integrativo, restando escluso invece l’adeguamento
della quota di pensione relativa al trattamento obbligatorio (nel medesimo senso anche Cass. Sez. L, Sentenza n.
10556 del 07/05/2013, Rv. 625974 – 01, ed altre precedenti).
Per quanto detto, la sentenza impugnata deve essere cassata; la causa va rinviata alla corte d’appello di Roma,
in diversa composizione, anche per le spese di lite.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla corte d’appello di Roma, in diversa
composizione, anche per le spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2021